Sustainable supply chain: come metterla in pratica
Green Tech Insight #11 - In questa edizione vediamo cos'è una supply chain sostenibile, come metterla in pratica, e quali rischi comporta non farlo.
Benvenuti e benvenute!
Nelle scorse edizioni di Green Tech Insight abbiamo affrontato più volte il tema delle nuove direttive EU sul bilancio di sostenibilità e di come queste coinvolgano le PMI.
La scorsa settimana ho avuto la possibilità di parlare proprio di questo all’evento Silvertalk a Roma "CSRD: provare per credere". Qui ho anche avuto occasione di presentare il primo bilancio di sostenibilità in Italia allineato alla CSRD e ai nuovi standard ESRS, al quale ho lavorato con il mio team di Up2You.
Venendo all’argomento di oggi: sapevi che, dopo il petrolio, il caffè è la seconda commodity più commercializzata al mondo?
Come saprai, l’Italia si erge come faro di eccellenza nella produzione di questo bene, assicurando un elevato grado di qualità a livello mondiale.
Questo vantaggio competitivo, spesso, viene garantito da un’attenta valutazione a monte delle materie prime e da un’accurata selezione dei fornitori da parte delle aziende italiane, sempre più attente a migliorare le proprie performance ambientali e sociali.
Ho deciso, quindi, di dedicare questo numero proprio alla supply chain sostenibile.
Fonte: Sustainability Report 2022 di Illy Coffee
Sustainable supply chain: cos’è?
La sustainable supply chain deriva dall’integrazione dei concetti di supply chain e di sustainability management. Il primo è il processo con cui prodotti e servizi sono offerti ai clienti finali, il secondo è la disciplina di gestione che cerca di bilanciare i risultati organizzativi tramite criteri economici, ambientali e sociali.
Ma come faccio a riconoscere una supply chain sostenibile?
Responsabilità ambientale: una supply chain sostenibile integra principi di responsabilità all’interno della catena di approvvigionamento.
Sebbene possa sembrare ovvio, tutto diventa più complesso quando si valicano i confini della propria azienda, su cui si ha maggiore controllo. Riuscire ad assicurare il rispetto di tali principi anche da parte di aziende esterne (fornitori e clienti) richiede un gran lavoro.
Trasparenza: una supply chain sostenibile necessita chiarezza e visibilità dell’intero processo. Da qui deriva anche l’importanza della tracciabilità, di cui si sente sempre parlare in associazione alla gestione della filiera.
Dobbiamo sapere tutto quello che accade lungo tutta la catena del valore! Altrimenti come possiamo assicurarci che si seguano pratiche virtuose?Economia circolare: imporre un modello a ciclo chiuso che prevede la reintegrazione di risorse materiali ed energetiche è un tassello fondamentale di una supply chain sostenibile.
Come si procede nella pratica?
Per mettere in pratica una supply chain sostenibile, ci sono alcune azioni che le imprese possono mettere in atto.
Mappatura della supply chain a monte e a valle: attraverso la visualizzazione della catena di approvvigionamento, le aziende sono in grado di avere un’overview sui principali processi, e identificare impatti e rischi associati alle singole attività.
Per esempio, Illy Coffee è in grado di garantire un approvvigionamento responsabile tramite una continua tracciabilità delle risorse e della materia prima lungo l’intero processo produttivo. Ciò permette a Illy di avere una visione completa sulla provenienza dei componenti primari e identificare i possibili impatti negativi generati.Valutazione dei fornitori diretti con cui l’azienda lavora: è possibile usare metodi di self-assessment per la valutazione dei fornitori, chiedendo loro se hanno ottenuto certificazioni, se aderiscono a iniziative di sostenibilità, o se ne attestano le buone performance, come EMAS, ISO 14001, ISO 14064 e SA 8000, B Corp, CDP rating, SBTi, etc.
L’obiettivo finale è introdurre delle logiche di selezione dei fornitori, basate proprio sulle prestazioni in materia di sostenibilità.
Non serve essere delle multinazionali per affrontare questo tema. Con Up2You ci capita spesso di fornire ai nostri clienti materiali di comunicazione sul percorso di sostenibilità, con cui possono iniziare a sensibilizzare i propri fornitori.
Dopodiché si consiglia di individuare un sottoinsieme di fornitori chiave che saranno i primi a essere coinvolti, e le cui prestazioni impattano maggiormente sulla sostenibilità dell’azienda stessa.
Per le realtà più grandi, diventa comune utilizzare un portale in cui si raccolgono dati e informazioni relativamente ai partner che, nei casi più virtuosi, favorisce anche un miglioramento nel tempo.
Fonte: Illy
Prioritizzazione dei rischi: determinando l’entità dei rischi derivanti dalla catena del valore, si può determinare su quali attività o fornitori agire prima. Il rischio da quantificare è un rischio di impatto negativo, e una classica matrice impatto-probabilità può esserci d’aiuto in questi casi.
Per fare un esempio, se ho dei fornitori basati in un Paese con delle leggi in materia di diritti dei lavoratori molto limitate, avrò una probabilità elevata che ci siano effetti negativi sulla mia azienda.
Se però allo stesso tempo quei fornitori erogano un servizio di minima importanza alla mia azienda, del tutto trascurabile, allora l’impatto potrebbe essere contenuto.
La combinazione di queste due variabili ci permette di definire il rischio, come nella matrice riportata sopra.
Un aspetto che trovo positivo di questa analisi è che può funzionare da guida e stimolare a migliorare la sostenibilità della propria catena del valore. L’azienda potrebbe essere incentivata a mitigare quel rischio, per esempio scegliendo fornitori in Paesi con una legislazione più stringente in materia di diritti! Questo ridurrebbe infatti la probabilità, e quindi il rischio associato!
Possibili conseguenze: un caso pratico
Nel 2010 Nestlé aveva prefissato l’obiettivo di adottare criteri di selezione basati sulla sostenibilità per l’acquisto dell‘olio di palma, manifestando la volontà di voler abbracciare una catena di approvvigionamento senza deforestazione al 100%.
Tuttavia, alcune inchieste hanno fatto emergere che alcuni dei fornitori sono stati complici della distruzione di molte foreste, causando il deterioramento dell’intera biodiversità, con impatti negativi sul clima e sulla popolazione locale.
È evidente che non sia stata direttamente Nestlé a compiere tali azioni, ma solo alcuni dei suoi fornitori. Tuttavia, le ripercussioni sull’azienda sono state significative, con campagne mediatiche contro alcuni suoi prodotti che hanno portato l'azienda a decidere di mettere in piedi strumenti di monitoraggio e selezione di fornitori più solidi.
Piantagione di palma da olio confinante con la foresta, nel villaggio di Muara Kaman Ilir, Kutai Kartanegara, Kalimanta orientale
QUIZ
Nel settore fashion avere una supply chain sostenibile e garantire un prodotto con eccellenti performance di sostenibilità è una grande sfida. Prova a indovinare: l’immagine sottostante a quale famosa azienda si riferisce?
Patagonia
HM
Napapijri
Trovi la soluzione del quiz in fondo al contenuto.
Come puoi ben intuire, il caso di Nestlé è solo uno dei tanti esempi che posso riportare. La scelta di cambiare fornitore è stata forzata dal boom mediatico creato dalla campagna e dagli attacchi che l’azienda stava ricevendo.
Tuttavia, possiamo dire che questa è solo una delle alternative adottabili dalle aziende:
Da un lato è possibile costruire una relazione con i propri fornitori e, in una logica di collaborazione, lavorare con loro e supportarli nel proprio percorso di miglioramento. Entrambi (cliente e fornitore) gioveranno di questa sinergia.
Dall’altro, è possibile lavorare maggiormente sulla selezione, rendendo la sostenibilità un criterio sempre più rilevante, con l’ambizione di scegliere solo aziende con elevati standard.
Il business gioca un ruolo fondamentale per guidare verso l’alternativa vincente: se ho dei partner strategici di fiducia, varrà sicuramente la pena investire nel primo dei due approcci, quello di collaborazione!
Personalmente ritengo che entrambi questi approcci dimostrino quanto sia imprescindibile affrontare la sostenibilità: sia per le grandi aziende, più spesso viste come clienti e chiamate a tenere in considerazione tutta la filiera, sia per le PMI che non possono perdere questa leva competitiva fondamentale. Avere buone performance di sostenibilità permette loro di continuare a lavorare con clienti sempre più esigenti nella scelta dei propri partner.
In un recente studio di Up2You Insight, intitolato “Quanto costa per la tua azienda non investire in sostenibilità?”, è emerso come rimanere attrattivi per i propri clienti sia un driver fondamentale.
Ti anticipo un risultato di quello studio: la spesa che ogni anno un’azienda sostiene decidendo di non investire in sostenibilità, varia tra il 2,36% e il 7,73% del suo fatturato!
Ma se da un lato, muoversi significa non perdere la propria competitività rispetto a richieste sempre più stringenti dei clienti, dall’altro ci sono esempi virtuosi di collaborazione tra aziende e filiera.
Uno dei miei esempi preferiti è il caso di Banca Etica, che, con l’obiettivo di migliorare le performance di sostenibilità del proprio portafoglio, ha fornito in collaborazione con Up2You una serie di strumenti gratuiti e convenzionati a vantaggio dei propri clienti. Non solo, per le aziende clienti è a quel punto possibile ottenere una riduzione del tasso di interesse da parte di Banca Etica.
E quando clienti e fornitori riescono a fare squadra in questo modo, si innescano circoli virtuosi con molteplici ricadute su tutti gli stakeholder!
SOLUZIONE QUIZ
Domanda 1: A
Consigli di lettura:
Abbiamo parlato di sostenibilità e vantaggio competitivo: in questo articolo viene affrontato questo tema.
La supply chain è la fonte delle emissioni di scopo 3: questo articolo ne parla.
All’inizio del numero ho citato il primo bilancio di sostenibilità in Italia allineato alla CSRD: lo trovi qui.
Patagonia è un esempio di eccellenza non solo nel fashion. Puoi dare un’occhiata a questi programmi e attività che hanno messo in piedi sul tema supply chain.