Il futuro incerto delle correnti oceaniche
Green Tech Insight #20 - Il futuro incerto dell’AMOC: l’importanza delle correnti marine per il clima globale
Benvenuti e benvenute!
La Groenlandia è oggi al centro di una discussione cruciale per il futuro climatico globale.
L’interesse strategico verso le sue abbondanti riserve di terre rare sta stimolando progetti di estrazione che, se da un lato appaiono fondamentali per la transizione energetica globale, dall’altro sollevano timori legati all’aumento delle emissioni climalteranti e allo scioglimento accelerato della calotta glaciale.
Questo processo ha ricadute dirette su uno dei più importanti meccanismi regolatori del sistema climatico terrestre: l’AMOC (Atlantic Meridional Overturning Circulation). Comprendere il funzionamento e la vulnerabilità di questo processo è essenziale per valutare la stabilità del clima globale nei decenni a venire.
Rappresentazione grafica della corrente calda che dai tropici raggiunge la Groenlandia e della corrente fredda che da lì scende verso i tropici.
Nella newsletter di oggi analizziamo come funziona l’AMOC, perché si sta indebolendo, quali potrebbero essere le conseguenze su scala globale e cosa possiamo fare per evitare il peggio.
Cos'è l'AMOC e perché è centrale nel sistema climatico
L’AMOC è un componente fondamentale della circolazione termoalina globale (dall’inglese thermohaline circulation, ovvero regolata dalla temperatura – thermo – e dalla salinità – haline), che collega gli oceani in un vasto sistema tridimensionale di correnti. Questo sistema trasporta calore, carbonio, nutrienti e ossigeno attraverso l’intero globo.
Nel bacino atlantico, l’AMOC funziona come un nastro trasportatore: in superficie, acque calde e salate si muovono dai tropici verso nord. Nelle regioni a sud della Groenlandia e vicino all’isola di Labrador, queste acque si raffreddano e, diventando più dense, sprofondano, dando origine a una corrente di ritorno verso sud.
Non era la AMOC, ma se hai visto il film Nemo, ricorderai come funzionano le correnti oceaniche (in quel caso era la EAC, dall'acronimo inglese East Australian Current)
Questo meccanismo è essenziale per la modulazione del clima di tutte le regioni affacciate sull’oceano:
contribuisce al riscaldamento dell’Europa Occidentale, in particolare a rendere gli inverni più miti;
regola gli schemi di precipitazione tropicale e subtropicale, in particolare in Africa Occidentale e in Brasile;
favorisce l’assorbimento di CO₂ atmosferica.
L’assorbimento di CO2 può avvenire in due modi. Vediamo quali sono.
L’acqua degli oceani assorbe direttamente la CO₂. Questo avviene quando la concentrazione del gas nell’atmosfera è più alta rispetto all’acqua superficiale, portando a un effetto di diffusione dell’anidride carbonica. Quando l’acqua fredda del Nord Atlantico sprofonda trascina con sè la CO₂ prelevata dall’atmosfera.
Il ricircolo dei nutrienti nell’oceano che stimola la crescita di fitoplancton, responsabile della cattura di grandi quantità di anidride carbonica tramite fotosintesi.
L’AMOC, come altri meccanismi naturali, esiste in un equilibrio tra fattori, in questo caso tra temperatura e salinità dell’acqua.
Perturbazioni della prima variabile (temperatura) sono dovute al riscaldamento globale.
Perturbazioni della seconda variabile (salinità) sono dovute all’ingresso di grandi quantità di acqua dolce dai ghiacci artici e groenlandesi e, quindi, ancora una volta dal riscaldamento globale.
È chiaro come il lavoro che facciamo con Up2You per supportare le imprese nel calcolare e ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera abbia un impatto anche su questo!
Sistema di correnti
Fonte: INGVAmbiente
L’AMOC si sta indebolendo?
Numerosi studi indicano un indebolimento progressivo dell’AMOC. In particolare, Caesar et al. (2018) su Nature stima una riduzione della sua intensità del 15% rispetto all’epoca preindustriale.
Lo scioglimento accelerato della calotta glaciale della Groenlandia, dovuto all’aumento medio delle temperature causato dal riscaldamento globale, introduce grandi volumi di acqua dolce nel Nord Atlantico. Questa acqua dolce mischiandosi alle correnti calde di acqua salata trasportate dall’AMOC a questa latitudine ne riduce la densità, ostacolando il processo di sprofondamento e quindi compromettendo l'intero meccanismo di circolazione.
Studi più recenti, tra cui quello pubblicato su Nature Climate Change nel 2021 dal climatologo Niklas Boers, confermano che l’AMOC abbia raggiunto il suo punto più debole da oltre un millennio e che segnali precoci di avvicinamento a un punto di non ritorno potrebbero essere già osservabili.
Vediamo quali sono i principali indicatori di questo indebolimento.
Cold blob nell’Atlantico Nordorientale: una regione anomala che mostra un raffreddamento in controtendenza rispetto al riscaldamento globale. Questo fenomeno è considerato un segnale diretto del rallentamento dell’AMOC, poiché una circolazione indebolita trasporta meno calore verso nord.
Rappresentazione del cold blob
Fonte: IPCC
Aumento della temperatura media dell’acqua e innalzamento del livello del mare lungo la costa orientale del Nord America: le masse d’acqua calda trasportate lungo la superficie oceanica dall’AMOC si stanno accumulando in questa regione, proprio per la ridotta capacità del sistema, contribuendo ad un innalzamento della temperatura media dell’acqua e a un innalzamento del livello del mare più significativo.
Riscaldamento delle acque tropicali e subtropicali: il minor trasporto verso nord di acque calde determina un accumulo di calore nell’Atlantico tropicale, che a sua volta può influenzare la formazione di cicloni tropicali e perturbare il bilancio energetico dell'oceano.
Rappresentazione grafica dell’indebolimento dell’AMOC a causa dell’immissione di acqua dolce dallo scioglimento dei ghiacciai groenlandesi
Fonte: AccuWeather
Tempistiche del collasso: tra cautela e allarme
La comunità scientifica concorda sulla tendenza al rallentamento, ma diverge in merito alla probabilità e alle tempistiche di un collasso completo dell’AMOC.
L’IPCC (2021) classifica come improbabile (probabilità <10%) un collasso dell’AMOC entro il 2100, nonostante preveda un indebolimento graduale che può essere più accentuato in scenari con un aumento delle temperature più consistenti.
Proiezioni IPCC in base gli aumenti delle temperature
Fonte: IPCC
Tuttavia, studi più recenti propongono scenari più allarmanti.
In particolare, Ditlevsen & Ditlevsen (2023), con una metodologia statistica sui dati osservativi, ipotizzano un possibile superamento della soglia critica tra il 2050 e il 2080. Ulteriori studi suggeriscono che il rischio di collasso potrebbe essere sottostimato del 50%, a causa dell’imprecisione dei modelli, che non riescono ancora a cogliere con sufficiente precisione tutte le dinamiche che coinvolgono l’Artico.
In una lettera firmata da decine di scienziati e pubblicata dall’Icelandic Met Office (Istituto Meteorologico Islandese, 2024), si sollecita la comunità internazionale a considerare seriamente i dati più recenti come segnali d’allarme e ad agire di conseguenza.
Cosa ci aspetta in futuro?
Cosa prevedono i modelli per il futuro della regione? Possiamo immaginare due scenari distinti, ma entrambi con impatti rilevanti sul nostro pianeta.
Se rallenta…
Un rallentamento progressivo dell’AMOC, come suggerito da studi modellistici come quello di Weijer et al. (2019, Nature), porterebbe in Europa inverni più freddi e instabili, causati da un minore afflusso di calore dal sud.
Nelle regioni tropicali e subtropicali, si prevedono siccità più intense e persistenti, in particolare nel Sahel (una fascia di territorio compresa tra il Sahara e la regione costiera più fertile sull’Atlantico) e nell'Amazzonia, dove le piogge dipendono strettamente dagli effetti della circolazione oceanica. Anche i monsoni, come quello indiano e africano, potrebbero subire deviazioni o indebolimenti, con gravi conseguenze per le popolazioni che ne dipendono.
Infine, un’AMOC più debole favorirebbe l’accumulo di calore nelle acque tropicali dell’Atlantico, aumentando la formazione di uragani più frequenti e intensi.
Uragano nell’Atlantico visto dall’ISS
Fonte: Nasa
Se collassa…
Nel caso estremo di un collasso completo dell’AMOC, gli effetti sarebbero ancora più drastici e improvvisi. I modelli del Potsdam Institute for Climate Impact Research (Boers et al., 2021) ipotizzano un raffreddamento fino a 3-5°C nel Nord Europa, sufficiente a compromettere colture, infrastrutture ed equilibri ecosistemici. Negli Stati Uniti il livello del mare potrebbe innalzarsi fino a 80 cm a causa della ridistribuzione delle masse d’acqua oceaniche.
Un’AMOC collassato indebolirebbe significativamente la capacità dell’oceano di assorbire CO₂, compromettendo una delle più importanti funzioni tampone contro l’effetto serra.
A tutto questo vanno aggiunti gli effetti che si avrebbero con l’indebolimento, ma con magnitudo maggiore.
Danni dell’uragano Isabel nelle Isole Hatteras, North Carolina
Come preservare il sistema?
Come possiamo intervenire per prevenire il rallentamento o il collasso dell’AMOC? Gli strumenti a disposizione sono diversi e richiedono un impegno coordinato su scala globale.
Ridurre le emissioni di gas serra
Limitare il riscaldamento globale sotto 1,5 °C è il primo passo per contenere lo scioglimento dei ghiacci e ridurre il rischio di alterazioni nella circolazione termoalina. Questo obiettivo va perseguito da tutti gli attori in gioco, Stati, aziende e organizzazioni internazionali. Ne abbiamo parlato qui e qui in passato.
Proteggere la criosfera
È fondamentale evitare nuove attività industriali invasive nei poli, come l’estrazione mineraria, e rafforzare la cooperazione internazionale per la tutela delle regioni artiche e antartiche. La protezione della criosfera è un elemento chiave per preservare l’equilibrio climatico.
Ghiacciai artici
Investire nel monitoraggio oceanografico
Progetti come RAPID-MOCHA e le campagne GO-SHIP svolgono un ruolo essenziale nel fornire dati sulla temperatura, la salinità e i flussi oceanici. Il loro monitoraggio continuo consente alla comunità scientifica di individuare in anticipo segnali di cambiamento e adottare misure basate sull’evidenza scientifica.
Conclusioni
L'AMOC è uno dei pilastri nascosti ma fondamentali del nostro sistema climatico. Il suo rallentamento, sempre più evidente, non è un fenomeno isolato, ma il sintomo di un equilibrio globale che si sta alterando sotto la pressione delle attività umane. Anche se gli scenari estremi non sono ancora inevitabili, la finestra per intervenire si sta rapidamente restringendo e potrebbe chiudersi anche nel futuro prossimo.
Prevenire il collasso dell’AMOC significa non solo ridurre drasticamente le emissioni, ma anche proteggere la criosfera e investire nella scienza. Le correnti profonde che regolano il clima non sono visibili a occhio nudo, ma le loro conseguenze sì, ed è nostro compito fare in modo che restino stabili.
Agire oggi è l’unico modo per non essere travolti domani da un cambiamento che avanza silenziosamente, ma inesorabile.
Risorse autorevoli da seguire
Se vuoi seguire aggiornamenti riguardo l’AMOC da parte di centri di ricerca specializzati puoi consultare questa e questa risorsa.
Qui puoi consultare l’ultimo rapporto sugli oceani e sulla criosfera pubblicato dall’IPCC.
Qui puoi scoprire qualcosa di più sul ruolo degli oceani nella lotta ai cambiamenti climatici.
In questo articolo scientifico puoi approfondire le metodologie utilizzate nel misurare l’indebolimento dell’AMOC.
Se invece vuoi saperne di più su quali strategie i diversi attori in gioco possono adottare per prevenire un ulteriore indebolimento delle correnti oceaniche ne abbiamo parlato qui e qui in precedenza.