Come si cattura la CO₂ dall'atmosfera?
Green Tech Insight #6 - Cos'è la tecnologia DAC? È davvero la soluzione al problema del cambiamento climatico? Lo scopriamo in questo numero di Green Tech Insight!
Benvenuti e benvenute!
Il 2023 sta per finire e, oltre alle feste, è anche tempo di guardare a quello che si è fatto durante l’anno.
Abbiamo trattato tanti argomenti interessanti e di grandissima attualità: dalle novità normative dell’UE in tema di sostenibilità, alla compensazione delle emissioni, passando per gli scenari energetici. Sono argomenti su cui tutto il mondo si sta confrontando assiduamente: alla COP 28, da poco conclusa, sono stati gli argomenti al centro del dibattito.
Se hai perso la scorsa newsletter, proprio sugli scenari energetici globali e sui possibili “futuri” che abbiamo davanti per il nostro pianeta, la puoi trovare qui.
Per finire il 2023 in bellezza, ho pensato di dedicare questo numero a una delle possibili soluzioni in tema di cambiamento climatico. In particolare, a una delle tecnologie più interessanti e al contempo dibattute: la Direct Air Capture (DAC).
Di che cosa si tratta? Scopriamolo subito!
Fonte: Climeworks
COS’È LA DIRECT AIR CAPTURE (DAC)
La DAC è una tecnologia rivoluzionaria nel campo della cattura dell’anidride carbonica, che ambisce a estrarla direttamente dall'atmosfera. Questo è l’aspetto fondamentale che la distingue dalle tecnologie di Carbon Capture and Storage (CCS) e Carbon Capture Utilization and Storage (CCUS).
Infatti, mentre la DAC rimuove la CO₂ dall'atmosfera, la CCS cattura le emissioni direttamente dai siti industriali in cui viene prodotta. Possiamo quindi immaginarci un impianto DAC montato in qualsiasi parte del nostro pianeta, dal momento che in ingresso riceverà aria; un impianto CCS invece, sarà realizzato in corrispondenza di un sito industriale o di una fonte emissiva, e sarà tanto più efficiente quanto più è “pura” la CO₂ che riceve in ingresso.
La CCUS, infine, aggiunge alla CCS il pezzettino della “U” (utilizzo), andando a utilizzare parte dell’anidride carbonica per scopi commerciali e stoccando la parte residua.
Tutte queste tecnologie “cugine” hanno lo stesso obiettivo: ridurre i livelli di CO₂ nell’aria, che come sappiamo contribuiscono al cambiamento climatico.
Come funziona questo processo di rimozione?
Grazie a potenti ventilatori che costituiscono gli impianti DAC, l'aria viene aspirata e fatta passare attraverso filtri capaci di catturare chimicamente l'anidride carbonica, lasciando gli altri componenti atmosferici liberi di disperdersi nuovamente nell’ambiente.
Grazie alle elevate temperature, la CO2 catturata viene separata dai filtri, permettendo al sistema di intrappolare nuova anidride carbonica, come visibile nella figura qui sotto.
La CO2 così catturata può avere fondamentalmente due destini: essere utilizzata per creare prodotti (ad esempio come materiali da costruzione), oppure essere sequestrata in profondità nel terreno, dove con il tempo diventerà un tutt’uno con le rocce del sottosuolo - Direct Air Capture and Storage (DACS o DACCS).
I NUMERI DELLA DAC
Climeworks, Carbon Engineering e Global Thermostat sono solo alcune delle aziende pioniere che stanno sviluppando e implementando soluzioni DAC. Queste aziende stanno esplorando modi per rendere la tecnologia più efficiente ed economicamente sostenibile.
L’IEA (International Energy Agency) attualmente conta solo 18 impianti DAC operativi a livello globale, che permettono di catturare circa 10.000 tonnellate di CO₂ all'anno. Questi impianti sono operativi in Canada, Europa e negli Stati Uniti e altri 27 sono stati commissionati anche in Giappone e nel Medio Oriente.
Tra gli impianti attualmente attivi spicca Orca di Climeworks, in Islanda, uno dei più grandi e innovativi. Grazie alla collaborazione con Carbonfix, l’anidride carbonica catturata viene stoccata a 2.000 metri nel sottosuolo, ricco di rocce basaltiche, dove si mineralizza nel giro di 2 anni. L’impianto Orca cattura circa 4.000 tonnellate di CO₂ all'anno.
Nel giugno del 2022 sono iniziati i lavori per un nuovo impianto, chiamato Mammoth, con capacità di cattura stimata fino a 36.000 tonnellate di CO₂.
Fonte: Climeworks. A sx l’impianto Orca e a dx un rendering di Mammut, 9 volte più potente del cugino cetaceo.
Altri 5 progetti sono in fase di costruzione, di cui uno, in Texas, spicca particolarmente: 1PointFive, una sussidiaria di Occidental’s Oxy Low Carbon Ventures e Carbon Engineering, sta costruendo il più grande impianto di DAC al mondo, mirando a catturare fino a 500.000 tonnellate di CO₂ all'anno dal 2025.
Anche queste ultime sono cifre che, prese singolarmente, non sono così eclatanti: per dare un ordine di grandezza, sono paragonabili alle emissioni di una cittadina italiana da 40.000-60.000 abitanti. Più ragguardevole, invece, è la crescita della capacità di cattura negli ultimi anni, che fa ben sperare sullo sviluppo tecnologico necessario per rendere scalabile questa soluzione.
DAC E LOTTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Come componente della famiglia delle tecnologie di rimozione dell'anidride carbonica (CDR – Carbon dioxide removal), la Direct Air Capture è considerata parte integrante di diversi processi di mitigazione del cambiamento climatico.
Secondo l’IPCC (International Panel on Climate Change), questa tecnologia può avere un impatto sotto 3 punti di vista:
ridurre le emissioni nette di CO2 in atmosfera nel breve termine;
controbilanciare le emissioni residue “hard-to-abate”;
ottenere emissioni nette negative di CO2, quando impiegata a livelli superiori alle emissioni residue annuali.
Anche nelle previsioni dell’IEA la Direct Air Capture avrà un ruolo importante nel contenere le emissioni globali. Lo scenario Net Zero Emissions 2050 prevede che le tecnologie DAC cattureranno oltre 85 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030, e circa 980 milioni di CO2 entro il 2050 (molte di più delle 36.000 di Mammoth citato sopra).
Per supportare questa ambiziosa transizione, sono in corso sviluppi significativi, con almeno 130 impianti DAC attualmente in diverse fasi di progettazione e realizzazione. Se tutte queste strutture dovessero diventare operative, l’IEA stima una capacità di cattura di CO2 di circa 75 milioni di tonnellate di CO2 all'anno entro il 2030.
L’infografica qui sotto, realizzata dalla società di consulenza AFRY, in cui ho lavorato in passato, ci fornisce una rappresentazione chiara di quanto debba crescere questo settore.
Fonte: AFRY per Visual Capitalist, The Impact of Carbon Removal Technologies
SFIDE E LIMITI DELLA DAC
Questa tecnologia, che potrebbe sembrare esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, ha anche un lato oscuro. Infatti, nonostante la sua promettente capacità di ridurre le emissioni di CO2, la DAC presenta anche aspetti controversi e sfide da considerare.
Ma cosa frena la DAC dalla sua crescita e sviluppo su ampia scala?
Fonte: Carbon Engineering
Un aspetto cruciale per la DAC è il mercato dell’anidride carbonica. È evidente che, con l'aumento del prezzo della CO₂, la DAC diventa sempre più un'opzione finanziariamente attraente. E lo è in particolare per l’industria dei combustibili fossili, che sta investendo in modo significativo in questa tecnologia.
Come si può immaginare, questo interesse genera preoccupazione, perché c’è il rischio che la DAC venga utilizzata come la “medicina”, distogliendo attenzione e risorse dalla necessaria transizione verso fonti di energia rinnovabili.
Questa preoccupazione è anche alimentata dal fatto che la CO₂ catturata tramite DAC può essere utilizzata per il recupero migliorato del petrolio (EOR), una tecnica che inietta CO₂ nei giacimenti petroliferi per aumentarne l'estrazione. Questo, di fatto, finirebbe per prolungare la vita e la redditività dei giacimenti di combustibili fossili, rendendo la DAC ancora più controversa.
È importante ricordare che si tratta di una tecnologia relativamente giovane. Nel quadro del Technology Readiness Level (TRL), indicatore che valuta il grado di sviluppo di una tecnologia, alla DAC viene assegnato un TRL di 7: è cioè considerata una tecnologia che ha superato le fasi di ricerca e sviluppo ed è stata validata in un ambiente operativo, ma che non è ancora matura per il mercato (TRL 9).
Per lo sviluppo e la costruzione degli impianti su scala sono necessarie ulteriori attività di ricerca e di investimento.
Non stupisce che un altro limite per la DAC sia legato agli alti costi produttivi e operativi degli impianti, perché separare la CO2 dalle altre componenti dell’aria richiede notevoli quantità di energia.
Inoltre, se questa energia non proviene da fonti rinnovabili, il processo può finire per emettere più CO₂ di quanta ne riesca a rimuovere, vanificando così i suoi benefici: potenzialmente un cane che si morde la coda.
Un aspetto che invece potrebbe contribuire alla sua diffusione è la sua flessibilità di posizionamento. Infatti, la DAC non entra in competizione per l’uso del suolo e, per tonnellata di CO2 rimossa, richiede meno spazio rispetto ad altre tecnologie di rimozione.
Ma quindi, DAC sì o DAC no?
Io penso che i risultati della IEA parlino chiaro sul ruolo di queste tecnologie per il raggiungimento degli obiettivi internazionali di contenimento del climate change.
E penso anche che non possiamo permetterci il lusso di essere ipercritici sulle soluzioni disponibili, non avendone banalmente il tempo.
L’abbandono dei combustibili fossili e delle tecnologie altamente emissive dovrà comunque seguire il suo corso, indipendentemente dall’evoluzione o meno di soluzioni come la DAC.
Con questo numero chiudiamo Green Tech Insight per il 2023: è stato il nostro primo anno, ma abbiamo già ottenuto moltissimo supporto e la newsletter è cresciuta velocissima, diventando presto un riferimento negli ambiti della sostenibilità, tecnologia e cambiamento climatico.
Siamo davvero orgogliosi e non vediamo l’ora di proseguire con un sacco di progetti per il 2024!
Ci vediamo l’anno prossimo, buone feste!
Consigli di lettura:
Abbiamo citato Net Zero: in questo white paper si spiega cos’è e cosa fare per raggiungerlo in tempo
Se vuoi approfondire il tema, l’International Energy Agency (IEA) ha dedicato un’intera sezione alla DAC Direct Air Capture - International Energy Agency
Sempre da parte della IEA, è stato pubblicato un report che analizza la tecnologia e il suo ruolo nel percorso verso Net Zero
Come si rapporta la DAC con gli altri progetti di carbon removal? Meglio soluzioni tecnologiche come la DAC o naturali? Questo articolo lo spiega
Qui puoi trovare l’infografica completa che ho citato in questa newsletter, realizzata dalla società di consulenza AFRY in cui ho lavorato anche io in passato.